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Con tale definizione possiamo finalmente catapultarci indietro nella storia, esattamente quando nel XIX secolo, con lo sviluppo dell’elettrochimica, gli scienziati britannici Humphry Davy e Michael Faraday scoprirono nuovi elementi e diedero inizio ad un accurato studio sulle loroproprietà chimiche. Viene spontaneo sottolineare a questo punto che il passionale 1800 non è solo romanticismo o puro patriottismo come spesso è stato detto da critici e studiosi, anzi presenta, nell’ambito della ricerca, avvenimenti e scoperte a dir poco sorprendenti (nulla da togliere a quanto è avvenuto negli altri secoli, questo è chiaro!); quindi possiamo senza ombra di dubbio dichiarare che anche nel campo delle scienze, e in particolare della chimica, il 1800 docet!!
Ripercorrendo in dettaglio gli avvenimenti di quel tempo notiamo che nel primo decennio dell’Ottocento furono aggiunti al breve elenco già conosciuto ben quattordici elementi.
Ricordiamo i chimici che parteciparono a queste scoperte: Davy, Gay-Lussac e Thenard, Wollaston, Berzelius, Tennant, Hatchett ed Ekeberg. Davy, per mezzo dell’elettrolisi, focalizzò ben sei nuovi tipi; Gay-Lussac e Thenard isolarono il boro; Wollaston scoprì il palladio e il rodio mentre Berzelius ilcerio. Fu la volta di Tennant che individuò l’osmio e l’iridio; seguì Hatchett con il suo columbio (ufficialmente niobio) ed Ekeberg con il tantalio.
Così nel 1830 si conoscevano già cinquantadue elementi diversi e fu per tale motivo che ci si cominciò a chiedere il perché di un numero tanto grande e se era possibile ordinare gli elementi.
Il primo che individuò un certo ordine fu il chimico tedesco Dobereiner, il quale notò che il bromo era dotato di proprietà chimiche che sembravano essere tra quelle del cloro e quelle dello iodio. Ma non solo! Lo scienziato osservò che vi erano alcuni gruppi di tre elementi (le cosiddette triadi) le cui proprietà si collocavano secondo una serie regolare: da una parte vi erano il calcio, lo stronzio e il bario e dall’altro lo zolfo, il selenio e il tellurio. Tuttavia gli altri chimici non furono impressionati da queste affinità chimiche. Infatti che motivo c’era di sprecare il tempo fantasticando su costruzioni di futili tavole?
Nel 1859 lo sviluppo della spettroscopia per opera dei fisici tedeschi Robert Wihelm Bosen e Gustav Robert Kirchhoff offrì un importante impulso alla ricerca: fu scoperta l’esistenza di nuovi elementi e nel 1860, durante il primo congresso internazionale di chimica, lo scienziato italiano Stanislao Cannizzaro annunciò che alcuni elementi come l’ossigeno, si ritrovavano in natura sotto forma di molecole biatomiche. Queste notizie aiutarono a seguire diverse vie per analizzare le possibili ed eventuali relazioni fra le caratteristiche degli elementi. Per sottolineare il fondamentale contributo di Cannizzaro è doveroso aprire una parentesi sulla sua vita: nato a Palermo nel 1826, morto a Roma nel 1910, partecipò ai moti siciliani del 1848 ma, fallita la rivolta scappò a Parigi. Tornato in Italia nel 1851, divenne docente presso il collegio nazionale di Alessandria e subito dopo professore alle università di Genova (1855), Pisa (1861) e Roma (1871). Durante lo studio svolto ad Alessandria, ultimò la relazione, che oggi è nota con il suo nome: in presenza di idrossidi alcalini concentrati, una molecola di aldeide viene ridotta ad alcol e un’altra ossidata ad acido. Precisò inoltre la differenza tra peso atomico, peso molecolare e peso equivalente, contribuendo alle conoscenze del periodo; presentò anche un criterio (noto come legge di Cannizzaro) per definire i pesi atomici degli elementi partendo da quelli molecolari dei composti. Tutto il suo lavoro, elaborato sulla legge di Avogadro, risultò fondamentale nella classificazione periodica degli elementi.