Tutto cominciò circa 130 milioni di anni fa. Era l’Era Mesozoica, in particolare quella del periodo Cretaceo e, dal punto di vista geologico, la superficie terrestre si presentava suddivisa in due grosse placche che cominciavano a smembrarsi in più blocchi simili ai continenti attuali: la Laurasia a Nord e la Gondwana a Sud, derivate dalla divisione del supercontinente Pangea e separate tra loro dalle acque della Tetide (il Mar Mediterraneo è, oggi, quel che rimane di quell’oceano).
Per effetto della deriva dei continenti, 80 milioni di anni fa, la zolla africana andò via via muovendosi in direzione Nord-Est verso la placca euroasiatica che si spingeva a Sud: ciò determinò la parziale scomparsa dell’Oceano Tetide e la compressione, tra le due placche continentali, di una serie di isolotti che avrebbero costituito in futuro parte della penisola italiana.
In genere, in presenza di fenomeni di convergenza o divergenza della litosfera terrestre, sono possibili variazioni fisiche (pressione, temperatura, ecc.) tali da favorire la risalita in superficie di magmi provenienti dalle profondità della Terra.
Sulla base di queste considerazioni, nell’area mediterranea presa in esame si verificò una particolarità: i magmi eruttati nelle zone in distensione hanno per lo più una composizione basaltica simile a quella dei magmi prodotti dalle eruzioni siciliane (sia quelle più antiche risalenti a circa 10 milioni di anni fa, sia quelle dell’Etna), ma la Sicilia si trovava in un’area soggetta a forze di compressione. Una possibile ipotesi che giustifichi questo anomalo fenomeno risiede nella probabilità che si siano contemporaneamente formate, per fratturazione, alcune microzolle in più punti della placca principale, le quali, allontanandosi tra loro, andarono a creare zone di depressione poste perpendicolarmente al generale evento compressivo. Fu così che, in una di queste aree, l’allontanamento delle microplacche permise la risalita di quei magmi che hanno dato origine all’Etna.
Tra 700.000 e 500.000 anni fa prese il via l’attività vulcanica etnea, che si sviluppò in tre fasi:
- l’attività pre-etnea (compresa tra 700.000 e 200.000 anni fa), nel corso della quale non esisteva ancora un vero e proprio edificio vulcanico, in cui le prime eruzioni sottomarine all’interno di un’insenatura, detta golfo pre-etneo, esteso dai monti Peloritani ai monti Iblei, causarono il sollevamento di tutta l’area orientale della Sicilia, dovuto all’accumulo delle lave a pillow sul fondo marino, fino alle manifestazioni vulcaniche verificatesi sopra il livello del mare con la fuoriuscita dei primi coni eruttivi;
- Etna primordiale o antico: è il periodo che si estende da circa 150.000 a 80.000 anni fa ed è poco conosciuto in quanto le colate di lava e i vari prodotti delle eruzioni esplosive, che formavano la primordiale impalcatura dell’Etna, sono stati in gran parte ricoperti dai materiali delle successive attività. Da studi svolti sui composti vulcanici che formano l’Etna primordiale si ritiene che le prime eruzioni furono di tipo effusivo e le successive, invece, esplosivo. Questo iniziale edificio vulcanico è il risultato di due apparati sovrimposti: uno ampio, con fianchi poco ripidi e costituito da colate di lava, l’altro di forma conica, con fianchi ripidi e soggetti a franamenti. Il profilo irregolare della montagna dei catanesi è dovuto proprio al franamento verso il mare del fianco Est dell’Etna antico, che diede poi inizio alle eruzioni esplosive;
- Centri antichi, intermedi e Mongibello: in questa fase si susseguirono le formazioni di numerosi centri eruttivi, posti uno sopra l’altro, che innalzarono e allargarono sempre più la forma del vulcano. La loro ricostruzione è stata possibile grazie alla presenza della Valle del Bove, che costituisce una sezione naturale di un fianco del vulcano. Dei centri antichi fanno parte Calanna, Trifoglietto I e Trifoglietto II (e quel che rimane di essi si trova oggi nella parte inferiore della Valle del Bove), mentre i prodotti effusivi del Trifoglietto II, del Valaci e del Cuvigghiuni costituiscono i centri intermedi. Dopo una lunga attività, 65.000 anni fa il cono vulcanico del Trifoglietto II sprofondò dando origine ad un’enorme caldera (corrispondente all’odierna Valle del Bove), e l’attività vulcanica si spostò ancor più verso l’interno: nacque il Mongibello, centro eruttivo più recente, grosso cono che copre la zona centrale del vulcano e la cui attività nel corso dei secoli condusse alla formazione dell’attuale edificio vulcanico. Il cratere di Nord-Est, punto più alto del vulcano, si formò nel 1911 a quota 3100 metri e raggiunge al giorno d’oggi i 3350 metri circa, facendo dell’Etna il più alto vulcano attivo in Europa.