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> Pluto and Charon, border of the Solar System. Or not? Issue: 2003-2 Section: Astronomy

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Dopo la scoperta di Nettuno, gli astronomi di fine Ottocento studiarono approfonditamente tutti i dettagli che lo riguardavano per poterne scoprire tutti i segreti. Attraverso questi studi, molti scienziati arrivarono a delle conclusioni inaspettate: l’orbita attorno al sole dell’ottavo pianeta risultava influenzata da un corpo celeste di una certa dimensione, che non era tra quelli conosciuti. Uno studioso statunitense, Percival Lowell, iniziò così una lunghissima ricerca per individuare quel nono pianeta nascosto. Fondò l’osservatorio Flagstaff in Arizona e la sua squadra osservò per anni il cielo, fin quando Clyde William Tombaugh nel 1930 riuscì a scovarlo. Il nuovo pianeta fu battezzato Plutone, in onore del dio latino degli inferi, l’unico che poteva abitare così distante dal Sole, e di Lowell: le sue iniziali (PL) sono anche le iniziali del nome del pianeta.

 

Scheda di Plutone
Distanza media dal Sole 5.900.000.000 km
Periodo di rivoluzione 90465 giorni (247,7 anni)
Periodo di rotazione 153,28 ore (6,375 giorni)
Diametro 2290 km
Temperatura superficie -230 °C (43 K)
Magnitudine 15
Satelliti 1 (Caronte)
Scheda di Caronte
Distanza da Plutone 20.000 km
Diametro 1190 km
Magnitudine 18

 

Sfortunatamente la distanza non permise di studiarlo approfonditamente con i mezzi dell’epoca. Il primo dato che Tombaugh riuscì a calcolare fu la magnitudine: la 15 (invisibile ad occhio nudo, dato che con il cielo terso e lontano dalle luci della città si possono vedere stelle fino alla magnitudine 6). Non si riuscì comunque a spiegarne interamente l’influenza sull’orbita di Nettuno: la massa del pianeta ipotizzata non era abbastanza grande. Si continuò a studiare, quindi, alla ricerca dell’esatta soluzione del problema. A poco a poco gli astronomi scoprirono un’altra particolarità del pianeta: l’orbita era molto più ellittica rispetto a quella degli altri pianeti. La distanza dal Sole infatti varia tra i 4,4 (perielio, punto più vicino) e i 7,3 miliardi di chilometri (afelio, punto più lontano) e lo porta, per un periodo di circa vent’anni (l’ultimo tra il 1979 e il 1999) a ritrovarsi più vicino di Nettuno. Venne così disegnata anche l’orbita, inclinata rispetto al piano dell’eclittica di 17°. Anche l’asse del pianeta risultò molto inclinata: ben 57,5°, come se sulla Terra il polo nord si trovasse all’altezza di Milano. Altri osservatori iniziarono ad interessarsi del nuovo pianeta e in breve tempo si scoprirono sempre più dati. Gerard Kuiper iniziò gli studi per calcolarne il diametro, ma certi strani fenomeni facevano sballare ogni volta i risultati.

Dieci anni prima del perielio, nel 1978, infatti, James Christy notò che in alcune immagini scattate dall’Osservatorio Navale di Washington il pianeta aveva un’insolita forma a pera, mentre in altre manteneva la normale forma circolare. L’astronomo statunitense attribuì l’anomalia all’esistenza di un satellite: così venne scoperto Caronte, dal nome del traghettatore delle anime all’inferno. Questa scoperta rivoluzionò i risultati dei predecessori di Christy: l’influenza sull’orbita di Nettuno fu quasi totalmente spiegata e la massa di Plutone rispetto alla Terra fu calcolata a 0,0026.

Negli anni che vanno dal 1985 al 1990 si scoprì un’altra caratteristica del nono pianeta: il rapporto con Caronte non è quello pianeta-satellite, bensì di sistema; si tratta, cioè, di due corpi celesti che ruotano attorno ad uno stesso centro di gravità. Ciò fa assumere anche un’altra particolarità a Plutone: il suo compagno è sempre fermo nella stessa posizione e rivela sempre la stessa faccia nel cielo plutoniano. Nello stesso periodo il sistema rivelò molte altre caratteristiche, grazie alle continue eclissi reciproche che Plutone e Caronte subivano in seguito alla posizione rispetto alla Terra. Nel 1988, infatti, lo staff dell’osservatorio Kuiper Airborne scoprì che Plutone possedeva una tenue atmosfera di azoto e metano.

Altre osservazioni fornirono dati molto importanti riguardanti la superficie: nuove tecniche molto avanzate (come l’analisi spettrale della luce riflessa dai corpi celesti) permisero di scoprire la composizione di Plutone e Caronte. Il primo ha una superficie irregolare e senza un paesaggio ben definito, a causa dalla scarsa consistenza dei ghiacci di metano, azoto e monossido di carbonio. Il secondo ha una superficie interamente ghiacciata di acqua, che a quella temperatura (pochi gradi sopra lo zero assoluto, cioè circa -273°C) è dura e consistente come roccia e forma paesaggi con dirupi e scarpate. C’è anche una disputa in corso su una particolare condizione della superficie plutoniana: vi si trovano, infatti, zone che riflettono bene la luce e zone scure. Questa differenza di colore può essere determinata o dalla cristallizzazione dell’azoto (in alcune zone più cristallizzato, in altre meno) o dalla presenza di materiale organico (come ammoniaca e metano), che non permetterebbe il perfetto riflesso della luce.

 

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