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Questo secondo fascicolo di EPMagazine del 2012 saluta i successi del progetto della NASA Curiosity, laboratorio scientifico su Marte, che mira ad analizzare campioni di terreno e rocce del Pianeta rosso con la sonda omonima, alla ricerca della prova che Marte può costituire un ambiente favorevole per l’esistenza di alcune forme di vita.
La gente ha sempre avuto la curiosità di svelare i misteri dell’Universo e delle sue particolarità. Fin dall’antichità, quando tutto aveva una spiegazione mistica o soprannaturale, ai giorni nostri (quando la scienza ha messo da parte molte delle precedenti credenze e ha aperto nuovi orizzonti), una cosa rimasta invariata è la curiosità dell’uomo. Se si sono sviluppate forme di vita in altre parti dell’Universo è la domanda sempre viva nell’immaginario collettivo. Questa è una delle ragioni del perché questo progetto della NASA beneficia di una larga partecipazione e un enorme interesse dal pubblico.
Il robot (lungo 2,9 m, largo 2,7 m e alto 2,2 m) atterrato nel cratere Gale il 6 Agosto 2012, aveva l’obiettivo di analizzare il clima e la geologia di Marte e trovare prove scientifiche su altre forme di vita. Tra le tante innovazioni tecnologiche particolarmente avanzate che sono state utilizzate, ci sono: l’alta risoluzione della macchina fotografica, i raggi infrarossi, il microscopio, lo spettrometro a raggi X, parecchia strumentazione di analisi, le varie forme di comunicazione e la motilità del sistema.
Diversamente dalle altre sonde mandate precedentemente dalla NASA su Marte - Mars Pathfinder nel 1997, Spirit Rover nel 2010, e Opportunity nel 2012, Curiosity era attivo fin dal suo atterraggio su Marte, minimizzando il tempo della preparazione a pochi secondi.
La sonda ha trasportato, analizzato e fotografato alcuni campioni di terra e altre particelle che inizialmente erano creduti residui di materiali usati dall’equipaggiamento della spedizione precedente ma, dopo accurati esami, è stato provato che provenivano da materiale marziano. Curiosity ha anche fotografato dei dischi bianchi nel cielo di Marte, spiegato dagli specialisti come un pixel bruciato, errore tecnico, ma quelli che credono negli alieni lo identificano come un’astronave aliena.
Tra le molte foto interessanti inviate della sonda c’è - molto evidente - la roccia chiamata Jake Matijevic, con una complicata struttura chimica a base di silicio, sodio, potassio e alluminio. Questo risultato prova l’esistenza di materiale magmatico anche dopo la fine del periodo delle eruzioni vulcaniche. La sonda ha anche fotografato un'incredibile eclisse nel cielo di Marte, quando Phobos, una delle sue lune, è passata davanti al Sole.
I risultati di questa ricerca e le attività educative di EPMagazine ci riportano alla mente un pensiero di Albert Einstein: importante non è mettere fine alle domande, perché la curiosità è la ragione per cui viviamo.